DIVORZIATI RISPOSATI

Altra particolare situazione è quella dei divorziati risposati. L’esperienza quotidiana, infatti, ci pone di fronte a non poche persone che, facendo ricorso al divorzio, passano a una nuova unione, ovviamente solo civile. Alcune di esse si distaccano totalmente dalla Chiesa e vivono quasi in una generale indifferenza religiosa. Altre non hanno piena coscienza del fatto che la loro nuova unione è contro la volontà del Signore. Altre, infine, pur sapendo di essere in contrasto con il Vangelo, «continuano a loro modo la vita cristiana, a volte manifestando il desiderio di una maggior partecipazione alla vita della Chiesa e ai suoi mezzi di grazia». Sono situazioni che pongono un problema grave e indilazionabile alla pastorale della Chiesa, la quale deve professare la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità come condizione e misura di un autentico amore materno anche verso i divorziati risposati. Si riconosca e si riaffermi, innanzitutto, che «la loro condizione di vita è in contrasto con il Vangelo, che proclama ed esige il matrimonio unico e indissolubile: la loro nuova “unione” non può rompere il vincolo coniugale precedente, e si pone in aperta contraddizione con il comandamento di Cristo». Ciò non esclude, tuttavia, il dovere di un ponderato discernimento nel valutare le diverse situazioni e, soprattutto, le singole persone. I pastori per primi sappiano che, per amore alla verità, sono obbligati a operare questo discernimento, nella consapevolezza che alla base delle varie situazioni ci possono essere motivi molto diversi fra loro: c’è chi è passato ad una nuova unione dopo essersi sforzato di salvare il primo matrimonio ed essere stato abbandonato del tutto ingiustamente dal coniuge e chi si è risposato dopo aver distrutto con grave colpa personale il

proprio matrimonio; c’è chi ha contratto una nuova unione in vista dell’educazione dei figli e chi l’ha fatto perché soggettivamente certo in coscienza che il precedente matrimonio non era mai stato valido; come pure c’è chi, in tali situazioni, si è lasciato interrogare circa la sua vita di fede. Ogni comunità cristiana eviti qualsiasi forma di disinteresse o di abbandono e non riduca la sua azione pastorale verso i divorziati risposati alla sola questione della loro ammissione o meno ai sacramenti: lo esige, tra l’altro, il fatto che la comunità cristiana continua ad avere occasioni di incontro con queste persone, i cui figli vivono l’esperienza della scuola, della catechesi, degli oratori, di diversi ambienti educativi ecclesiali. Nella certezza che i divorziati risposati sono e rimangono cristiani e

membri del popolo di Dio e come tali non sono del tutto esclusi dalla comunione con la Chiesa, anche se non sono nella “pienezza” della stessa comunione ecclesiale, si mettano in atto forme di attenzione e di vicinanza pastorale. Ogni comunità ecclesiale, di conseguenza, li consideri ancora come suoi figli e li tratti con amore di madre; preghi per loro, li incoraggi e li sostenga nella fede e nella speranza; non si stanchi di illuminarli con la parola di Cristo, di stimolarli a un’esistenza morale ispirata alla grande legge della carità, di invitarli alla conversione. Da parte della comunità cristiana e di tutti i suoi fedeli, pur qualificando come disordinata la loro situazione, ci si astenga dal giudicare l’intimo delle coscienze, dove solo Dio vede e giudica. Con grande delicatezza e cogliendo diverse occasioni propizie (quali la nascita di un figlio e l’eventuale richiesta del battesimo, una sofferenza o un lutto familiare, la visita alle famiglie...), i sacerdoti, i parenti, i vicini di casa, altre coppie particolarmente sensibili e preparate sappiano avvicinarli e iniziare con loro «quel dialogo che potrebbe illuminarli circa la posizione della Chiesa verso di loro, senza ingannarli sulla verità della loro situazione, ma insieme testimoniando una sincera carità fraterna». Con genuina sollecitudine pastorale, i presbiteri e l’intera comunità cristiana aiutino questi fratelli e queste sorelle a non sentirsi separati dalla Chiesa; li invitino e li sollecitino, anzi, a prendere parte attiva alla sua vita. Li esortino, in particolare, ad ascoltare la parola di Dio, per conservare la fede ricevuta nel battesimo e seguirne la dinamica di conversione: in tal senso, i divorziati risposati siano invitati a prendere parte agli incontri di catechesi e alle celebrazioni penitenziali comunitarie non sacramentali. Li aiutino a perseverare nella preghiera, certi di potervi trovare gli aiuti spirituali necessari per la loro situazione di vita; specialmente ricordino loro di partecipare fedelmente alla Messa, anche se non possono accostarsi alla comunione eucaristica. Li spronino ad un’esistenza morale ispirata alla carità, nella quale trovi spazio la partecipazione alle opere materiali e spirituali di carità e alle iniziative in favore della giustizia; un aiuto particolare venga loro offerto perché possano vivere pienamente il loro compito educativo nei confronti dei figli (Direttorio di Pastorale Familiare, 213-217).