Il messaggio alla comunità accademica di don Antonio Sapuppo, responsabile della Pastorale universitaria dell'Arcidiocesi di Catania

Il messaggio alla comunità accademica di don Antonio Sapuppo, responsabile della Pastorale universitaria dell'Arcidiocesi di Catania

16 aprile 2020

Don Antonio Sapuppo

Carissimi,

quest’anno le vicende legate al Coronavirus non ci hanno permesso di celebrare la S. Messa di Pasqua. Le disposizioni delle istituzioni civili ed ecclesiastiche sono necessarie perché non si diffonda un’infezione tanto contagiosa e virulenta. In tal modo la nostra vita è stata, per certi versi, stravolta dall’esigenza di rimanere a casa, appello che dobbiamo fortemente accogliere per tutelare noi e gli altri.

Mi vengono in mente alcune considerazioni che voglio mettere in comune, pensando di farvi cosa gradita. Certo che le immagini e le parole condivise possano essere anche un’occasione per formulare gli auguri più sentiti, gli auguri però dopo Pasqua!

Quest’anno ho pensato di indirizzarvi gli auguri del dopo, mentre di solito gli auguri li scambiamo e condividiamo prima o nel giorno della Pasqua, così come facciamo per ogni occasione o ricorrenza da festeggiare.

In cosa consiste il dopo? È il dopo del tempo di Pasqua che quasi si accompagna al dopo COVID-19. Anche se non sappiamo se arriveremo oltre Pentecoste. È il dopo le ordinanze di restrizione, lo stare chiusi in casa, il portare mascherine, il mantenere distanze, il trovare un vaccino, individuare la cura più appropriata, il riformulare il rapporto che abbiamo con la salute personale e pubblica. E il dopo ci preoccupa quanto il prima.

Sappiamo bene che Cristo risorge per ciascuno di noi. Ha vinto la morte e con essa ha vinto l’angoscia che tutto possa finire dentro il sepolcro delle nostre paure, fra le quali il nostro futuro prossimo.  Lo crediamo veramente?  Leggiamo in Giovanni: “Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?»” Gv 11, 25-26.

1. Intanto una prima riflessione va al tempo, al nostro tempo: stravolto, ricalcolato, programmato e gestito dagli altri. È un tempo alla mercé della paura che quello che succede agli altri possa accadere a noi. Rimanere infetti e passare dai corridoi di un ospedale, rimanendo imbrigliato tra i tubi che parlano ossigeno. Ma “la salvezza dei giusti proviene dal Signore;
egli è la loro difesa in tempo d'angoscia
” (Salmo 37,39). È il tempo di incognite comprese e incomprese, che hanno come oggetto una situazione surreale, la quale ci rende inermi e impotenti. È proprio vero: “Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo” Qo 3,1. Ci siamo accorti che ognuno di noi ha una sensibilità personale nei confronti del tempo, lo percepiamo al di là dell’orologio. In questo periodo lo rintocchiamo con la tensione che diventa attenzione. Non lo scandiscono più i numeri, questi servono ad altro. Si raccolgono in altri settori quelli della protezione civile: numeri di infetti, morti, guariti. Il nostro tempo è anche il loro.  Ci dicono di aspettare. Lo facciamo. Vi auguro che dopo possiate riappropriarvi del vostro tempo, sappiate essere sapienti nel gestirlo e nel distribuirlo, sapendo che il tempo dedicato a se stessi è prezioso quanto quello donato. #tempoauguridopopasqua

2. Penso alle relazioni. Credo che ognuno di noi abbia il dovere di mantenere vive quelle relazioni che ha voluto instaurare o che si sono create nel vortice e nell’avvicendarsi delle nostra storia personale. Sembra essere un’esigenza del cuore prima ancora che un aspetto di educazione innata o alcune volte mal costruita.  Stiamo utilizzando tecniche che mimano ponti e che costruiscono relazioni visive e sonore; dico mimano perché chi è abituato ad abbracciare, e non lo può fare, è come se respirasse con un solo polmone. Si ha sete d’aria nonostante la respiri. Hai la sensazione che manchi qualcosa e sai cos’è. Nel tempo del Coronavirus lo spirito di solidarietà, il cum-patire emergono non solo come categorie moralmente vincolanti ma soprattutto come una urgente necessità operativa che interroga la coscienza di ciascuno. Il più grande dono che possiamo condividere è quello di accompagnare chi non ha la forza di sollevarsi e camminare, chi abbassa lo sguardo perché non ha il coraggio di chiedere aiuto, chi si sente impotente dinanzi ad una sorte amara. Dice bene S. Paolo: “La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” 1 Cor 12,9-12. Vi auguro che il dopo possa non farci dimenticare tutto il prima e che la sete di incontrarci si sazi con il desiderio di un rispetto vicendevole e della forza vincente dell’amore fraterno. #relazioniauguridopopasqua

3. In questo clima di incertezza la nostra attenzione è stata posta su due grosse icone: la fede e la scienza. Il Papa è presente con le celebrazioni e con interventi dinanzi a piazze deserte, il cui silenzio è stato squarciato dal canto stonato delle sirene di ambulanze. E il vasto mondo della scienza: medici, virologi, statistici, infermieri, ricercatori. Politica, forze dell’ordine, protezione civile: tutti schierati contro l’invisibile e dispettoso virus. Voglio riflettere sulla comunicazione e la condivisione di valori e di saperi. Il mondo intero si è inginocchiato dinanzi ad un’unica priorità: la salvaguardia della salute fisica e spirituale, corpore et anima unus. Mi ha affascinato la corsa, quasi una gara, tra saperi scientifici diversi per trovare una soluzione al COVID-19. Siamo partiti dall’identità genetica, abbiamo conosciuto il suo RNA, quello cinese e quello italiano; ci hanno raccontato di protocolli per farmaci conosciuti e nuovi che speriamo possano bloccare questa epidemia. Abbiamo ancora una volta dato valore e fiducia alla genialità e all’intelligenza dei singoli studiosi per una collaborazione fattiva allo scopo di una rinascita comune. Tutto ci è stato comunicato in tempo reale. Il bisogno di conoscere e di sapere si è accompagnato alle sagge riflessioni di Papa Francesco che, come uomo illuminato, riesce a dare speranza ed è capace di richiamare la politica al rispetto del povero, alla dignità dell’uomo, al riscatto dei deboli. I suoi interventi ricordano al mondo ciò che è veramente essenziale. Vi auguro che il dopo possa mantenere questo dialogo tra valori umani e sociali, possa esserci una comunicazione pulita, essenziale, trasparente. Si possano comunicare bellezza e genialità.  Si continuino a ricercare formule di  alleanza tra valori e competenze. #comunicareauguridopopasqua

4. Ho pensato anche alla nostra condizione attuale di rimanere a casa. Sappiamo bene che quando si rimane bloccati a casa ci si augura di farlo in compagnia e non da soli, ma anche insieme si comunica con l’esterno attraverso nuove lingue, vocabolari estrosi, con sofisticati mezzi del web: Skype, Zoom, whattsapp. Per molti un codice nuovo. Un linguaggio che non ha come riferimento i suoni primordiali della voce della pioggia o del vento, anche se li può riproporre, ma il sibilo dei pulsanti di una tastiera. È il bisogno che diventa necessità: trasformare i rumori di fondo della nostra esistenza al chiuso in attenzione alle piccole cose. Tutto ciò che facevamo con distrazione, anche i gesti più semplici adesso hanno un senso. Non ce ne eravamo accorti. Adesso lo sappiamo. Il sepolcro della Pasqua è ancora qui, noi siamo dentro ma vogliamo uscire fuori, la pietra è stata tolta, la luce entra prepotente all'interno. Il chiuso fa paura, ma il fatto che la porta sia aperta ci rende un po’ più sereni. Gesù, in questa sua Pasqua di resurrezione, ci ha aperto la porta del nostro smarrimento e ci fa sentire il calore della sua tenerezza. Siamo pronti ad uscire ma per adesso ci basta vedere la luce in fondo al tunnel. Vi auguro che dopo possiate sentire la forza della libertà come un dono da non oltraggiare, non siate irriverenti e smemorati dinanzi ad una privazione tanto forte. I nostri luoghi chiusi e limitati daranno spazio a piazze affollate e mercati chiassosi. Ma speriamo di non dimenticare la fatica dell’attesa di poter riprendere in mano la nostra vita. La libertà è preziosa.

Comunque, non dimentichiamo S. Paolo: “Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri”. #iorestoacasaauguridopopasqua

Gli auguri non ha più senso farli prima, ma c’è ancora tempo per inviarli dopo Pasqua!

Don Antonio Sapuppo, responsabile della Pastorale universitaria dell'Arcidiocesi di Catania